Regina Ciclarum

Una finestra nel mondo dei pescatori tiberini.

Pesca Tiberina

All’interno degli scenari di biodiversita’ delle Terre della Regina, dopo pattinatori, trail runner e monoruota, apriamo una finestra nel mondo dei pescatori tiberini.

Eccoci qua, a pesca sul Fiume. A molti potrà sembrare strano, ma ci sono tante persone che il Fiume decidono di viverlo: c’è chi passeggia sulle sponde, c’è chi corre, chi pedala, chi rema, chi si tuffa a Capodanno e chi và a pesca.

Fra l’altro la zona dedicata alle competizioni di pesca sportiva (in sponda destra, fra ponte Duca d’Aosta fin quasi a ponte del Risorgimento) ha ospitato anche un “mondiale“ di pesca qualche anno fa.

E poi passare qualche ora qui al Fiume consente di vedere la città da tutto un altro punto di vista: sembra quasi che il caos del traffico che sentiamo sul Lungotevere non ci appartenga proprio.

Catch and Release

E’ chiaro che oggigiorno praticamente nessuno si sognerebbe di portarsi via un pesce dal Fiume per fini alimentari; questo per ovvie ragioni di inquinamento oltre che di rispetto verso i suoi abitanti.

Le “catture” servono solo a misurarci con il Fiume, ed i nostri avversari con le pinne vengono poi tutti prontamente rilasciati. Questa pratica è nota come “Catch and Release”; infatti, la prima cosa di cui  bisognerebbe parlare riguardo alla pesca in Fiume oggi è il rispetto che in genere i pescatori oggi hanno per le loro “prede”.

Pescatori Laziali

Il gruppo di cui mi onoro di far parte, Pescatori Laziali (sito e social), si muove proprio in questo senso: rispetto per la natura ed i suoi abitanti… ed ovviamente passione per la pesca. In molte tecniche, sfaccettature di questa passione, si cerca la cattura di una specie in particolare, le cosiddette tecniche Specialistiche.

In questi approcci le catture vengono recuperate con guadini dalla rete morbida e gommata e generalmente appoggiati su materassini imbottiti che vengono bagnati proprio per evitare lesioni o traumi al pesce, che viene maneggiato con cura il meno possibile, giusto il tempo di una foto , e poi nuovamente liberati nel loro ambiente naturale.

Gli ami spesso sono privi di ardiglione e tutto è studiato in modo che non ci siano “allamate” in profondità nell’apparato boccale, cosa che potrebbe invece causare traumi al pesce.

Che pesci pigliare?

Già, ma che pesci ? Il tratto di Tevere che attraversa la Capitale supera un discreto dislivello ed è animato da una  corrente abbastanza sostenuta. Suoi abitanti sono principalmente quelli che amano questa condizione: Cavedani, Barbi ma anche Carpe Carassi, Lucciperca e poi pesci “alloctoni” che un tempo non erano presenti nei nostri bacini, come per esempio gli Abramidi ed i famigerati Siluri, predatori formidabili.

Vi sono poi una serie di pesci che risalgono dal Mare fino in citta’: Muggini, Anguille, Spigole e Cheppie. Eh già, non deve essere poi così male là sotto se alcuni ci vengono addirittura in “viaggio di nozze” !!

Inquinamento e sentinelle

Certo, è un corso d’acqua con i suoi problemi di inquinamento, ma io, che lo vedo da vicino da diversi anni, posso affermare che negli ultimi tempi il Fiume si è ripopolato di moltissimi piccoli Barbi , che prima non si vedevano presenti in questo numero. Sicuramente un buon segnale.

Dopotutto noi pescatori siamo anche in un certo senso sentinelle ecologiche. Siamo i primi ad accorgerci quando qualcosa “non và”. Le Regioni questo lo sanno bene, quando infatti restituiremo i tesserini segna-catture compilati avranno anche dei dati (seppur generici ) circa la presenza di pesce (come specie e quantità= nei vari corsi d’acqua.

La presenza di uccelli notoriamente ittiofagi come i Cormorani lungo il corso urbano del “biondo” fiume romano, è una chiara testimonianza della presenza di pesci “predati” da questi volatili.

Foto e testi di Francesco Benedetti

(lago di Corbara lungo la futura Regina Ciclovia, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Le specie ittiche

Le specie ittiche presenti nel basso corso del Tevere possono essere raggruppate in relazione alle caratteristiche bio-ecologiche in: specie migratrici obbligate, specie stenoaline dulcicole, specie estuarine. Nel primo gruppo di specie è stata segnalata, nel corso dei campionamenti, l’Alosa (A. fallax) che risale ancora Tevere, con il rinvenimento di alcuni individui di grossa taglia nella stazione di Mezzocammino, tra il 1997 ed il 1998; questa specie rientra tra quelle di interesse unionale. Tra le migratrici obbligate  compare l’Anguilla, che abbonda ancora nella zona di foce, e che termina la propria migrazione trofica poco a monte, perché impedita dallo sbarramento di Castel Giubileo.

Sebbene non tutte presenti nella Riserva, nel basso corso del Tevere sono state censite complessivamente 27 specie ittiche “stenoaline dulcicole”, di cui soltanto 8 probabilmente indigene nel bacino. Tra esse, il Barbo tiberino (Barbus tyberinus), specie di interesse conservazionistico, il Barbo comune (B. plebejus), originario del distretto padano-veneto ed introdotto nel Tevere negli anni ’80, e il Cavedano (Squalius squalus) sono sicuramente le più rappresentative nel basso corso del Tevere.

Tra le specie indigene nel bacino, di rilievo zoologico è il rinvenimento nel tratto fluviale a influenza marina (Capo due Rami) di alcuni esemplari di Cagnetta (S. fluviatilis), l’unico Blennide delle acque dolci italiane.

Tra le specie estuarine, tipiche della zona estuariale del Tevere vi sono i Mugilidi, Cefalo (Mugil cephalus), Cefalo calamita (Liza ramada), e la Spigola (Dicentrarchus labrax); queste “montano” nelle acque fluviali allo stadio giovanile e vi permangono, per motivi trofici, per un periodo più o meno prolungato.

Va sottolineata inoltre la notevole frequenza nel tratto urbano fino a Capo due Rami del Barbo tiberino e l’esclusiva presenza della Rovella (Rutilus rubilio), due specie di interesse conservazionistico presenti nell’area di studio.

Nel tratto di foce è stata segnalata, anche se in modo del tutto occasionale, in anni recenti, un’ulteriore specie di interesse conservazionistico, la Lampreda di mare (Petromyzon marinus) (Giucca, 1998), anche se si esclude la possibilità che risalga il fiume per la riproduzione.

Nel tratto di fiume analizzato sono risultate infine particolarmente numerose le specie esotiche o trasfaunate, tra le più abbondanti vi sono l’Arborella (Alburnus alburnus), il Carassio (Carassius carassius), il Persico sole (Lepomis gibbosus) ed, anche se con consistenze ridotte, il Siluro (Silurus glanis), di cui ne è stato verificata la riproduzione e l’acclimatamento nei primi anni 2000. Probabilmente analoga la comunità ittica presente nei diversi canali di bonifica di Ostia e Maccarese, caratterizzata anch’essa da numerose specie esotiche, tra cui il Pesce gatto (Ameriurus melas) e la Pseudorasbora (Pseudorasbora parva).

(Dal Rapporto Ambientale del Piano di Gestione Riserva Naturale Statale Litorale Romano)

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Extra

Gare di pesca e zone protette

3 ottobre 2021: Finale di gara di pesca di un circuito ufficiale nazionale. Lago di Corbara, Parco Fluviale del Tevere, lungo la quarta tappa della futura Regina Ciclovia Tiberina. Possibile sia permessa la sosta delle automobili dei pescatori a pochi metri dalla riva?  A detta degli stessi pescatori, questa cosa sarebbe inammissibile nel nord Italia.

10 ottobre 2021: La situazione si ripete dentro la Riserva di Nazzano Tevere Farfa, dove  in occasione di una gara di pesca, si autorizzano parcheggi e accampamenti nelle aree picnic che si affacciano sul fiume.

> La meraviglia dimenticata del lago di Corbara, nato dallo sbarramento del Tevere, nel parco fluviale umbro. Raggiungibile in treno+bici da Roma .... segue...

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> Quanti modi di vivere il fiume e le sue terre? Una panoramica delle mille interpretazioni in essere. Monopattino, canoa, risciò, sup, passeggino, gommone, ….. c’è solo l’imbarazzo della scelta! segue...

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“La corrente ci spingeva in un labirinto di acque sconosciute, popolate da esseri che avevo incontrato sulle rocce gialline del Veronese oppure nei volumi settecenteschi dell’archiginnasio a Bologna: bestiari favolosi, figli del grande secolo di Volta e Spallanzani, nei quali scienza e immaginario erano andati talvolta a braccetto nel segno della meraviglia. […..] Proprio a Bologna, in un mattino di nebbia fitta, aveva aperto il volume sul Danubio di Luigi Ferdinando Marsili per scoprirvi, minuziosamente riprodotti, pesci, uccelli e piante di un mondo pannonico in gran parte scomparso. […] Il fiume era più largo di quanto non desse a vedere. Non lo dicevano solo gli spazi golenali e la geografia dei meandri fossili, ma ora anche la mitologia. Navigando, ricordai di aver visto molti anni prima, nei fondali della biblioteca civica di Verona, uno strano bestiario Marino: gli acquerelli, pure settecenteschi, di un frate naturalista di nome Petronio, che aveva riprodotto la “granseola” il “granciporo”, coralli e conchiglie fossili, ma aveva inserito nella sua raccolta anche la vacca marina, l’inverosimile mascaron della Norvegia e il pesce-donna del Congo, una strana sirena di cui missionari avrebbero gustato ‘le carni preziose’.” (“Morimondo”, Paolo Rumiz)

(area picnic nella riserva di Nazzano, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

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