Regina Ciclarum

Un percorso per riscoprire la fratellanza Aniene – Tevere pedalando lungo le sponde, nei pressi della confluenza.

“La città passa oltre, alta, coi suoi piloni della luce, toccando solo il cielo di questa valle.
Ecco, al massimo il paesaggio. Dalle migliaia di finestre si spingono fin dentro questo verde sguardi di rapida evasione dagli asserragliati confini della capitale.
Qualche umana storia, dagli asfalti cittadini arriva sin qua. Tenta queste strade di erba, povere storie, ma senza squallore, in questo paesaggio elementare.
Ma anche qui c’è qualcosa di non labile. Forse la fatica di questo lavoro che da una sorta di solida ragione alla gracilità indifesa delle baracche. La vita che si accampa qui e cerca di mettere radici, come un tentativo di rivincita sull’ incertezza di ogni giorno della frenesia cittadina.” (1955, la valle dell’Aniene)

Nel contesto delle Divagazioni Tiberine, l’Anello Tiberanio proposto da Giorgio Piccinetti segue le sponde del Tevere e dell’Aniene nei pressi della confluenza.

(alcuni scatti lungo l’Anello Tiberanio)

Traccia GPS

L’anello può essere diviso nei seguenti tratti, partendo da Ponte Milvio e percorrendolo in senso orario:

  • Si risale il Tevere in sponda destra da Ponte Milvio fino a Labaro nelle Terre del Nord della Regina segue…
  • raggiunto Labaro, si attraversa il Tevere nella passaggio ciclabile sul ponte GRA (foto360)
  • si prosegue in sponda sinistra tiberina  tornando verso il centro. Il percorso segue l’argine. Il fondo è sterrato (foto360) e corre tra la Salaria e il Tevere. La vegetazione in alcuni brevi tratti potrebbe aver ripreso il sopravvento  (foto360). All’ansa dell’Aeroporto dell’Urbe (foto360), si segnala (post) la presenza di cani maremmani (la prima volta meglio  andarci in gruppo). Superata la fattoria,  bordo fiume ci sono le rovine del basamento della gru per gli idrovolanti (foto360, foto360). Lasciato alle spalle l’aeroporto, il percorso raggiunge la confluenza con l’Aniene e quindi  la Salaria (foto360).
  • Lungo l’Aniene dalla confluenza a Ponte Tazio: Il sottopasso (foto360) permette di superare lo svincolo e proseguire nel Parco delle Valli e quindi scavallare l’Aniene a Ponte Tazio, dove l’Anello Tiberanio prosegue lungo la sponda sinistra dell’Aniene, tornando verso il centro (oppure proseguendo fino a Ponte Mammolo, come descritto più avanti).
  • Lungo l’Aniene da Ponte Tazio a Villa Ada: la pista ciclabile costeggia la ferrovia (foto360, foto360foto360),  lambisce il Belvedere di Ugo Forno (foto360, descritto più avanti) e raggiunge la Salaria  a Villa Ada
  • da Villa Ada a Ponte Milvio: si prosegue sulla ciclabile che passa accanto alla Moschea, quindi  su strade secondarie e percorsi ciclabili si ritorna a Ponte Milvio.

Variante Ponte Mammolo

Da Ponte Tazio è possibile pedalare fino a Ponte Mammolo (stazione Metro B) lungo la sponda destra dell’Aniene su fondo sterrato, seguendo un tratto del Grande Sentiero Anulare di Marco Pierfranceschi.

Si parte da Ponte Nomentano (foto360) e si prosegue su sentiero lungo il fiume. A breve distanza un pontile (foto360) e una spiaggetta (foto360) permettono di avvicinarsi all’acqua.


(ponte Nomentano, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Si prosegue immersi nella natura su un comodo sterrato fino a Ponte Mammolo (foto360, foto360, foto360). Per raggiungere la stazione è richiesta un po’ di prudenza per via dello svincolo. In alternativa, si può tornare indietro dallo stesso percorso.

 

Consigli e raccomandazioni

> Tutte le info su questo sito ed altrove non sono verità assolute. Non ti avventurare! Le Terre della Regina, immaginate dal basso a ZERO budget, meritano attenzione, rispetto, consapevolezza. Consigli, note, raccomandazioni, scarico di responsabilità nella pagina dedicata. Leggile attentamente. Impiega cinque minuti ora, per risparmiare sventure e contrattempi dopo. segue...

(l’aeroporto dell’Urbe raccontato da Lorenzo Grassi, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Extra

PUMS 2022

Nel PUMS approvato a febbraio 2022, viene menzionato  il percorso in sponda sinistra tra Castel Giubileo e Prati Fiscali (post)

Confluenza Aniene Tevere

“Tra interventi di bonifica per rendere percorribile il sentiero e liberare il ponte Salario, passeggiate con archeologi e appassionati di storia, a piedi e in bicicletta, rievocazioni storiche ed eventi sportivi come il passaggio della Discesa Internazionale Tevere per far conoscere l’area, e sopralluoghi per parlare di illeciti e sicurezza, il tema della Confluenza si arricchisce di nuove spinte per poter mettere le basi di una rigenerazione a tutto tondo, che parte dal basso e dal bisogno di ridisegnare le nuove rotte di vivibilità della città.

Permettere ai cittadini di frequentare e vivere il territorio, rappresenterebbe il motore per far tornare a vivere interi quadranti in modo più compatibile rispetto all’ambiente e alla socialità. Malgrado tutte le difficoltà, non ci siamo arresi; è stato un anno dedicato con cuore e braccia a dare inizio a quello che speriamo possa diventare un museo diffuso in un parco fluviale della Confluenza.” (Emanuela Fiorenza,  sulla newsletter del CdF)

Roma, il sindaco di Gaiole in Chianti a Raggi: “Troppo degrado nella ‘nostra’ via. La puliamo noi” Michele Pescini, primo cittadino del comune senese che dà il nome alla strada: “Probabilmente è una delle più brutte della magnifica Roma, una traversa corta e senza sfondo della Salaria, un luogo pieno di sporcizie varie e, si presume, di appuntamenti di bassa lega” (da laRepubblica)

Ponte di Castel Giubileo

“Tre grandi piloni rugginosi a mollo nel fiume e una campata che finisce nel nulla. È tutto ciò che resta oggi dello storico Ponte in ferro di Castel Giubileo, unico attraversamento carrabile del Tevere nel tratto romano a nord di Ponte Milvio per quasi mezzo secolo – dalla fine dell’Ottocento sino al 1944 – infine sovrastato nei primi anni Cinquanta dall’imponente diga con viadotto in cemento armato del Grande Raccordo Anulare, che ne ha oscurato per sempre il ricordo e ne ha scippato persino il nome. L’inizio di un lungo oblio che ne ha quasi cancellato del tutto la memoria. Eppure si tratta di un’infrastruttura che ha avuto un ruolo strategico per Roma ed è stata testimone nel tempo di piccoli e grandi avvenimenti.”

Il ponte di Castel Giubileo, di Lorenzo Grassi segue…

Ponte Fidene

Il progetto di NuovaMobilitaSalaria del ponte ciclopedonale alla stazione FS di Fidene, per superare il muro della linea ferroviaria e della Salaria. Il progetto del ponte è stato approvato nel 2015 dal III Municipio. Da allora tutto tace. segue…

Aeroporto Littorio  dell’Urbe

L’aeroporto littorio dell’Urbe fu inaugurato il 21 aprile 1928, in occasione della ricorrenza del Natale di Roma. Alla cerimonia erano presenti l’allora capo del governo Benito Mussolini – che aveva indicato il nome “Littorio” per il nuovo aeroporto – e il sottosegretario all’Aeronautica, Italo Balbo, futuro trasvolatore atlantico.

la gru costruita per issare a terra gli idrovolanti

Quello del Littorio fu pensato come aeroporto “misto”, con il decollo degli aeroplani su pista (o anche direttamente dagli hangar) e i due lunghi rettilinei del Tevere – che lì ha una larghezza di circa cento metri – da sfruttare per gli idrovolanti.

(il basamento della gru, a pochi passi dall’argine, dalla collezione MappaTevere360)

“L’Urbe compie 90 anni”, di Lorenzo Grassi segue…

Il ponte di Ugo Forno

“5 Giugno 1944 (primo giorno della Liberazione)
Ugo Forno, chiamato Ughetto dai suoi compagni di scuola, ha 12 anni compiuti da un mese. […] intorno alle 11 il ragazzino entra in una casa colonica su un prato che fiancheggia la Salaria, la stradina si chiama vicolo del Pino. Questa volta Ugo ha in mano un fucile e al collo una bandoliera con diverse cartucce, tutto materiale dell’esercito italiano, preso in una grotta vicina dov’era stato lasciato dai giorni dell’8 settembre 1943. Insieme a lui altri cinque giovani, tutti sui diciotto, venti anni, anche loro armati con fucili e pistole.
È Ugo a parlare, rivolto al gruppetto di contadini seduti a bere da un fiasco di vino attorno al grande tavolo della cucina: “I tedeschi stanno attaccando le mine al ponte sull’Aniene, lo vogliono demolire. Noi andiamo a salvarlo, ci devono passare gli americani. Avete delle armi? Venite con me”. […]
Il ponte di ferro sull’Aniene, che fiancheggia la via Salaria all’altezza dell’aeroporto dell’Urbe, sorregge i binari della ferrovia Roma-Firenze. Una decina di guastatori tedeschi, con la tuta maculata verde e marrone, stanno piazzando sotto le tre arcate grossi pacchi di esplosivo e stendendo i cavi elettrici dell’accensione. La gragnuola di fucilate che gli arriva addosso li sorprende a lavoro quasi ultimato e li costringe a gettarsi al riparo.

(il ponte difeso da Ugo, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

È uno scontro furioso, Ugo e alcuni dei suoi sparano da dietro una capanna, gli altri allungati a terra sopra un dosso. I guastatori capiscono subito che ad attacarli sono patrioti italiani e non avanguardie americane, ma si rendono anche conto di non aver più tempo, ormai, perché gli americani stanno arrivando. Così decidono di abbandonare quel maledetto ponte e ritirarsi. Hanno un mortaio, però, e per coprirsi le spalle sparano tre colpi. Il primo prende in pieno Francesco Guidi, lo fa stramazzare in una pozza di sangue. “Sparate sul fumo! Sparate sul fumo” urla Ughetto, che intanto fa fuoco col suo fucilone. Spera di impedire ai mortaisti di lanciare altri colpi. Invece arriva il secondo proiettile, squarcia una coscia a Curzi e stacca un braccio a Fornari. Poi il terzo e le schegge centrano Ughetto, due al petto, una in testa. Il capitano bambino cade di schianto, è già morto quando tocca terra. […]
Una bandiera tricolore, assai più grande e bella di quella che lo aveva avvolto a mezzogiorno del 5 giugno 1944, sventola per Ughetto un anno dopo, nella classe della III media sezione B del Settembrini che lo doveva avere tra i suoi alunni. […]
Ha inizio per Roma, e poi seguirà per l’intera Italia, quel nuovo destino che il dodicenne Forno sperava, la stagione della libertà che certo aveva nel piccolo cuore imbracciando il fucile più alto di lui al Ponte sull’Aniene, sotto il sole della primavera romana. Lui giace sul tavolo di marmo, con la bandiera sulla faccia, e all’angolo delle Quattro Fontane è fermo un carro armato Patton, primo di una fila di altri tanks. Un soldato altissimo, magro, è a terra davanti al primo carro, mastica qualcosa. Tra la gente che lo guarda c’è il giornalista e scrittore Paolo Monelli, che gli chiede: “Where do you come from?”, da dove vieni, e quello risponde “From Texas”, dal Texas. A Porta Maggiore, intanto, un gigantesco MP americano, in piedi su una jeep, dirige il traffico delle autocolonne della Quinta Armata che salgono dalla Casilina, smistandole su varie direzioni con larghi movimenti del manganello lungo e bianco. Si chiama Jim Delavay, è un indiano apache del Nuovo Messico.”

Testo estratto dal sito  ufficiale

La piazzetta dedicata ad Ugo Forno, davanti al ponte, raggiungibile con la ciclabile dell’Aniene.

WISLAWA SZYMBORSKA: «DOPO OGNI GUERRA»

Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.

C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.

C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.

C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.

Non è fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.

Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.

C’è chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto lì si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po’ noioso.

C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.

Chi sapeva
di che si trattava
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.

Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.

Mappa del tesoro

La mappa di Lorenzo Grassi con i punti di interesse distribuiti lungo il percorso.

Vecchia Salaria, Villa Ada e Monte Antenne

A Villa Ada, alle pendici di Monte Antenne (che prende il nome dall’antica Antemnae,dal latino Ante Amnes, davanti ai fiumi, il Tevere e l’Aniene, che confluiscono proprio lì vicino), passa l’antico tracciato della via Salaria, scavato in un costone di tufo per facilitare il transito dei carri, e che prosperava grazie al transito di merci verso Roma (soprattutto sale, da cui il nome della Salaria stessa).” (Andrea Munari su  Facebook)

(Ponte Nomentano nel 1860, da Romaierieoggi)

Fratellanza Tevere Aniene

> Alla scoperta della fratellanza tra due fiumi, due storie, due mondi segue...

Divagazioni Tiberine

> Dal giro del Trasimeno alla Randonnee delle Regine, dal Grande Anello della Spiga o quello dell'Acqua, tutte le divagazioni per avvicinarsi al Tevere o, al contrario, sconfinare nei territori circostanti. segue...

Discesa in gommone

Chi l’avrebbe mai detto che si può scoprire un fiume anche navigandolo?

(il video della discesa Aniene Tevere del 2021)

Documentari

Itinerario Tiburtino

“Il Tevere, sceso dai monti di Toscana, percorse le dolci vallate umbre, giunto fin qua alle porte di Roma, ora che è presso la grande figlia, sembra riprendere lena e rallentare il suo corso in amplissime anse maestose. E mentre tra le righe ondulate rivestite di pallidi arbusti, i segni di un vivere semplice ci riconducono a tempi lontani, nuove masse d’acqua arricchiscono il fiume, onde accrescerne con la forza la maestà. Sono i suoi ultimi affluenti che scendono dai Monti Tiburtini. E questo è l’Aniene. Veloci corrono le sue acque tra le sponde sassose, congiunte dai ponti che cavalcano le vie consolari.”

“Largo di spalle ecco l’antichissimo Salario, modernamente incastonato nel cemento. Mentre, prima che il fiume rispecchi nelle sue acque cupe le ultime case della periferia, quasi appartato nell’ombra, miracolosamente intatto nel suo aspetto medioevale, ecco apparire quello Nomentano dal caratteristico profilo merlato. Poi, esso stesso l’Aniene, sembra dolcemente svagarsi indugiando in ampie giravolte nella bassa campagna, e così fin sotto Tivoli.”

Il documentario Astra Cinematografica degli anni ’50, dedicato all’Aniene, che dalla confluenza con il  Tevere  risale verso Tivoli.  segue…

1955: la valle dell’Aniene

La valle dell’Aniene (Francesco Venturelli, 1955)

“Una valle come un’isola, diciamo, resiste. Assediata da un alta marea di case che la circondano da tre punte di quartieri periferici.
Segni della città, gremiti e aggressivi, e pure arrestati, contenuti ai margini di questa valle. E’ da tanto che resiste, dal tempo delle vecchie case umbertine che si azzardarono sin qui e si fermarono come una spinta senza più prospettive, presto esaurita.
La ferrovia traccia come un confine, tra la città e la campagna, o sono le sue mura di strepito, il passaggio fragoroso dei treni, a difendere la valle.
E va senza parole, senza risposte a quei segni della città, quest’acqua dell’Aniene, nel suo tempo di natura, lungo le poche baracche, le vecchie case.
Fiume di una substoria, o al massimo di una cronaca marginale inavvertita di minime cose. Una cronaca confinata fuori di un tempo cittadino, lungo il suo fiume che scorre controtempo, ma senza sforzo, senza lotta, come per una remota abitudine.”

“E in questa neutra geografia, i segni della città, i suoi emblemi, arrivano scaduti, svuotati di ogni connotazione, eppure elegiaci come scorie, detriti della vita urbana, possono essere assorbiti così, nel cerchio, nel clima, di altre età, come dentro gli occhi senza dolore e stupore delle greggi.
La città passa oltre, alta, coi suoi piloni della luce, toccando solo il cielo di questa valle.
Ecco, al massimo il paesaggio. Dalle migliaia di finestre si spingono fin dentro questo verde sguardi di rapida evasione dagli asserragliati confini della capitale.
Qualche umana storia, dagli asfalti cittadini arriva sin qua. Tenta queste strade di erba, povere storie, ma senza squallore, in questo paesaggio elementare.
Ma anche qui c’è qualcosa di non labile. Forse la fatica di questo lavoro che da una sorta di solida ragione alla gracilità indifesa delle baracche. La vita che si accampa qui e cerca di mettere radici, come un tentativo di rivincita sull’ incertezza di ogni giorno della frenesia cittadina.
Abitanti avventizi di questa valle, ma abitanti anche loro, i ragazzi. Vi arrivano, come una terra di provvisoria conquista, i figli delle migliaia di famiglie di questa periferia assiepata.
Resterà ancora così, come la vedono ora i bambini, tra questa natura arresa, lungo il fiume oscuro ed esiliato, tra queste baracche che resistono anche loro, in questa pace indifferente di sempre. Con gli occhi della memoria rifaranno ancora immensa, teatro avventuroso di giochi senza fine, questa piccola isola che sopravvive, assurda, al caotico irrompere tutto intorno, della città e del suo tempo.” (la trascrizione del documentario)

Qua la zampa

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(nei pressi della stazione Nomentana,dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Anello Tiberanio
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