Regina Ciclarum

Il Piano Generale della Mobilità Ciclistica ha previsto il recupero, a fini ciclabili, delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali, comprese le opere di bonifica, gli acquedotti, le reti energetiche e gli altri manufatti stradali. Un documento FIAB tenta di fare chiarezza sul tema.

All’interno dell’Operazione Patronus – racconti dal basso e delle Visioni PensoPositivo, dopo l’approfondimento  Tevere – PNRR, apriamo una pagina dedicata al documento FIAB sulla valorizzazione del patrimonio delle reti idrauliche nell’ambito dello sviluppo delle ciclovie.

Ciclabili e Vie d’Acqua

(testo estratto dal documento FIAB “Alcuni indirizzi per una legge nazionale sul recupero a fini ciclabili delle vie d’acqua”)

La rete delle ciclovie rappresenta lo strumento che lega, e in molti casi ricuce, parti di territorio, disegnando linee di mobilità lenta che unificano e integrano le più importanti presenze insediative, le emergenze naturali, paesaggistiche, culturali, storiche e archeologiche, attraverso territori costieri, collinari, montani e di pianura più o meno conosciuti e altrettanto valorizzabili.

La legge n. 2/2018 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica” istituisce il Piano Generale della Mobilità Ciclistica tra i cui compiti ricade la definizione della Rete “Bicitalia”, formata dall’insieme delle ciclovie di interesse nazionale tra loro interconnesse.

La suddetta legge ha previsto il recupero a fini ciclabili, con destinazione a uso pubblico, delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali, comprese le opere di bonifica, gli acquedotti, le reti energetiche, le condotte fognarie, i ponti dismessi e gli altri manufatti stradali.
Nello sviluppo della rete cicloturistica nazionale degli ultimi anni, sono già stati privilegiati itinerari lungo corsi d’acqua di particolare interesse naturalistico e paesaggistico e sono presenti ciclovie che seguono fiumi e canali in diverse regioni italiane.

(pedalando nei pressi di Ponte San Giovanni, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Le infrastrutture storiche sono infatti naturalmente vocate a rivestire il ruolo di “linee lente” capaci di esprimere, collegandole tra loro, le forme e le memorie dei territori. Il Piano Generale della Mobilità Ciclistica, nel definire l’insieme delle ciclovie di interesse nazionale, si pone come obiettivo la “co-funzionalizzazione” del patrimonio delle reti idrauliche e delle strade storiche, utilizzandone i percorsi di servizio o affiancandone i tracciati. La rete idraulica garantisce infatti una serie di importanti vantaggi:

  • offre sedi ciclabili dedicate e dotate di elevati standard di sicurezza in quanto separate dalla viabilità ordinaria e dalle altre infrastrutture potenzialmente pericolose;
  • risolve le intersezioni con altre infrastrutture o ostacoli naturali mediante opere spesso utilizzabili ai fini ciclistici;
  • permette una facile e più economica realizzazione e gestione della sede ciclabile in quanto i loro sedimi sono quasi sempre gestiti da unico soggetto, normalmente pubblico;
  • riveste un valore identitario per le popolazioni locali e una forte attrattività per i cicloviaggiatori grazie alle loro qualità architettoniche e alla memoria materiale e immateriale della loro realizzazione;
  • offre percorsi privilegiati per la fruizione del paesaggio poiché intrattengono uno stretto rapporto con i caratteri geografici e fisici dei territori attraversati;

(canale di San Liberato, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Gli edifici di presa o di scarico, gli impianti idrovori, le tombe sifone, i ponti canale, ecc., rappresentano in molti casi l’espressione di una raffinata cultura ingegneresca che, specialmente a cavallo tra ‘800 e ‘900, si è mostrata capace di coniugare i requisiti tecnici, necessari per il funzionamento delle reti, con una qualità architettonica in grado di far assumere a queste opere un importante valore civile nei confronti dello sviluppo dei territori serviti.
Tale qualità si esprime non solo nei singoli manufatti, ma anche in quella loro ripetizione in quanto architetture seriali che rende l’infrastruttura capace di adattarsi alle particolarità dei diversi contesti, pur mantenendo una forte unitarietà e riconoscibilità d’insieme.
La presenza di questi veri e propri monumenti lineari costituisce così uno degli elementi maggiormente qualificanti e identitari di molti dei paesaggi attraversati. Un elemento sul quale è possibile puntare sia per lo sviluppo turistico, sia per la riqualificazione degli stessi insediamenti connessi all’infrastruttura.


(diga di Corbara, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Oltre alla presenza materiale delle opere, un ulteriore carattere identitario e culturalmente rilevante rispetto ai progetti di co-funzionalizzazione ai fini ciclabili riguarda la memoria dei grandiosi cantieri che hanno permesso la costruzione delle opere e che spesso hanno portato profonde modificazioni sociali e culturali tra le popolazioni locali. Tali cantieri hanno costituito veri e propri insediamenti che, seppur temporanei, hanno intessuto stretti rapporti, materiali e immateriali, con gli insediamenti storici.
Per questi motivi i caratteri architettonici delle opere che formano le infrastrutture di bonifica e irrigazione sono spesso soggetti a vincoli da parte della Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio, il cui rispetto è necessario per qualsiasi intervento debba essere realizzato su di esse.

Le infrastrutture storiche rappresentano infatti un’antica ma mai scomparsa ossatura che, seguendo i vincoli dati dai caratteri geografici, sottolineano letteralmente, visto che si tratta di infrastrutture lineari, le forme del paesaggio. All’interno di questa ossatura antica, disegnata da strade consolari romane e sentieri medievali, da fiumi e canali, da cammini di pellegrinaggio e di scambio commerciale, da tratturi per la transumanza delle greggi, ma anche dalla straordinaria rete ferroviaria minore realizzata a cavallo tra Ottocento e Novecento, il disegno della rete dei canali di irrigazione e bonifica mette in scena alcune particolari forme della geografia e dei paesaggi antropizzati. Ad esempio, nelle pianure la fitta trama dei canali esalta la planarità del suolo mentre le tombe sifone e i ponti canale monumentalizzano le intersezioni con i solchi dei corsi d’acqua che lo incidono. Oppure, la costruzione di canali nelle valli bonificate ne segna la direzione principale e ne ordina la lottizzazione agraria, così come farebbe un fiume di fondovalle. Appoggiare le ciclovie alle alzaie delle infrastrutture idrauliche significa quindi, oltre che fornire vie ciclabili comode e sicure, permettere al cicloturista di comprendere e apprezzare sia i caratteri geografici degli straordinari paesaggi rurali italiani, sia le radicate culture agricole del nostro Paese.

Le ciclovie lungo il reticolo infrastrutturale dei 200.000 chilometri di canali dei Consorzi di bonifica possono offrire l’occasione di percorrere, visitandolo, il territorio rurale italiano, avendo sempre accanto il “nastro” verde-azzurro dei corsi d’acqua. Il percorso conduce il cicloamatore tra innumerevoli sorprese naturali, in luoghi dalla bellezza incomparabile e tra le vestigia architettonico-storiche dei paesaggi d’acqua e di bonifica spesso discosti dalle grandi direttrici del traffico turistico di massa. Le ciclovie lungo i canali di bonifica, quindi, possono favorire anche in Italia lo sviluppo di un turismo lento e sostenibile, aprendo opportunità per la valorizzazione dei territori, con i loro corollari di bacini artificiali, spesso veri gioielli storico-architettonici, così come avviene da tempo consolidato nelle nazioni europee più evolute e all’avanguardia nella costruzione di reti ciclabili. Le sponde dei canali assicurano il raro vantaggio di ottenere percorsi riservati alle biciclette, accessibili in più punti e interconnesse con la rete viaria esistente (strade provinciali, di campagna e vicinali) e quindi con gli abitati.

La fruizione sostenibile del territorio rurale attraverso la mobilità lenta della bicicletta può rappresentare la base di un nuovo modello di sviluppo al cui centro c’è il territorio ed i suoi valori ambientali e paesaggistici. Inoltre, la valorizzazione dei canali e dei corsi d’acqua è una esternalità positiva che consente una maggiore sensibilizzazione dei cittadini verso le attività dei Consorzi di bonifica che tali enti vogliono cogliere per giocare un ruolo da protagonisti nella valorizzazione del lavoro delle migliaia di persone che quotidianamente li sovrintendono.

(avvicinandosi a Fiumicino, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Normativa: carenze, difformità, contraddizioni

Il grande patrimonio infrastrutturale italiano rappresentato dalla rete di canali irrigui e di bonifica (circa 200.000 chilometri di sviluppo) è di competenza dei Consorzi di bonifica e di irrigazione, enti di lontana origine privata e volontaria, che ne provvedono alla manutenzione e alla gestione.

Il loro coinvolgimento nello sviluppo di ciclovie è però frenato:

  • dalla grande difformità insita nel territorio italiano a cui si somma la difformità delle norme
  • dai problemi di rapporto tra chi opera e lavora nei territori impegnati dalle vie d’acqua e chi invece le vede come occasione di turismo e cultura
  • dai temi della sicurezza e del rispetto di chi deve mantenere in perfetta efficienza le reti idriche

La prima legge nazionale sulle bonifiche (Legge n. 869/1882) considera infatti la bonifica unicamente sotto il profilo igienico, in quanto il suo scopo era la eliminazione delle zone paludose, causa di malaria, in tutto il territorio nazionale. Con le successive Leggi n. 1747/1922 e n. 215/1933, la bonifica idraulica viene ad essere integrata in quella agraria, considerando ormai la bonifica come complesso di opere di risanamento idraulico e di trasformazione fondiaria, teso a migliorare le condizioni degli insediamenti nelle aree idraulicamente sofferenti.

Nelle leggi regionali che istituiscono e regolano i Consorzi di Bonifica, non viene quindi definita la possibilità di percorrenza dei bordi dell’infrastruttura idrica quali percorsi ciclabili o ciclopedonali o comunque di una loro fruizione turistico culturale. Il tema però si affaccia in alcune leggi regionali più recenti e, in particolare, nei Testi Unici sull’Agricoltura che includono l’attività dei Consorzi nel più ampio contesto agricolo e di gestione ed equilibrio del territorio, di cui vengono considerati non solo gli aspetti fisici ma anche quelli socioeconomici e culturali, e ne vengono valorizzati gli aspetti di fruizione.

“La Regione promuove e organizza l’attività di bonifica e di irrigazione quale strumento essenziale e permanente finalizzato a garantire: […] la conservazione, la difesa del suolo, la tutela e la valorizzazione del paesaggio rurale ed urbano anche ai fini della fruizione turistico ricreativa e sportiva, nonché la costruzione di corridoi ecologici e di percorsi per la mobilità lenta” (dalla Legge Regionale 31/2008 della Regione Lombardia “Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale”)

 

 

Sul territorio nazionale c’è però una notevole difformità nella normativa regionale applicativa in materia con carenze, difformità e contraddizioni da regione a regione che rende complicata ed aleatoria la creazione di reti ciclabili, soprattutto su base interregionale e nazionale. Da qui la necessità di avviare un confronto e un lavoro politico-istituzionale per definire delle regole chiare che evitino “conflitti d’interesse” tra le funzioni di protezione idrogeologica della bonifica e quelle di valorizzazione turistica e di svago-ricreativo ai quali sono preposti i percorsi ciclo-pedonali.

Le norme legislative attuali, infatti, presentano carenze negli aspetti giuridici connessi alla realizzazione e alla gestione delle piste stesse. Vi è, quindi, la necessità di definire un quadro normativo nazionale chiaro ed univoco in grado di individuare i criteri e le linee guida progettuali per la realizzazione delle piste ciclabili lungo gli argini dei corsi d’acqua al fine di stimolare la realizzazione, anche in Italia, di una rete cicloturistica di vasta area, in continuità funzionale con la rete ciclistica europea.

 

(il Tevere a MonteMolino, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Tutto questo comporta una attenta valutazione dei problemi che possono sorgere, legati a vari temi quali l’attraversamento delle proprietà, il finanziamento dei percorsi ciclabili e della loro futura manutenzione, la loro compatibilità con le attività agricole e con la gestione dei corsi
d’acqua stessi, la responsabilità in caso di incidente e di infortunio (legati ad eventi di piena, caduta in alveo, mezzi d’opera impiegati nelle manutenzioni e nell’attività agricola,…). In breve:

  • Attraversamento delle proprietà: La realizzazione di piste ciclabili spesso comporta l’occupazione di proprietà private con la necessità di stipula di accordi per le servitù di passaggio o di espropri, con conseguenti risarcimenti economici ai proprietari. Le procedure espropriative sono applicabili solo in presenza di chiara volontà decisionale da parte degli Enti locali. I canali di bonifica spesso costeggiano campi coltivati e frutteti sottoposti a cure colturali quali concimazioni, diserbi e trattamenti fitosanitari, con utilizzo di prodotti potenzialmente tossici per i frequentatori dei percorsi ciclabili adiacenti ad essi che impongono, per legge, prescrizioni precise ed impegnative agli agricoltori. La fruizione delle piste ciclabili nelle aree rurali può, quindi, interferire sull’ordinarietà della pratica agricola.
  • finanziamento percorsi ciclabili: alcune realtà consortili testimoniano il permanere della problematica di una non chiara identificazione del soggetto deputato alla manutenzione della pista ciclabile, soprattutto per scarse disponibilità di bilancio dei vari enti (Comuni, Province, Parchi) istituzionalmente competenti e deputati. Quasi sempre gli Enti consortili sopperiscono a tale situazione prendendo in carico le ciclabili con proprie risorse finanziarie per evitare il loro deterioramento e abbandono, e un conseguente ritorno negativo di immagine.
  • manutenzione idrogeologica e compatibilità delle vie ciclopedonali: E’ necessario trovare la giusta compatibilità tra l’essenziale manutenzione meccanizzata, ordinaria e straordinaria, della rete idrogeologica e la presenza delle piste ciclabili adiacenti ai canali. In questa circostanza si verifica una situazione di promiscuità di transito di mezzi agricoli privati, di veicoli da strada, di mezzi d’opera del consorzio e di biciclette che condiziona l’attività manutentiva svolta dal personale dei Consorzi. Le possibili protezioni anticaduta laterali – ad esempio – difficilmente sono compatibili con l’attività di gestione e manutenzione dei corsi d’acqua quando sono necessarie sistemazioni in alveo o ripristino di sezioni arginali danneggiate. La soluzione sta esclusivamente in auspicabile cambio di paradigma nell’attività dei Consorzi, istituiti nel secolo scorso con esclusivi compiti di gestione idraulica del territorio e di supporto all’attività agricola, che, oggi, devono fare i conti con una fruizione del tempo libero che si è estesa alle aree campestri e di pianura, con parchi naturalistici particolarmente presenti lungo i corsi d’acqua.
    sicurezza dei percorsi ciclabili: La realizzazione e la gestione dei percorsi ciclabili, diretta o delegata ad entità terze per concessione o convenzione, non può prescindere dal rispetto delle norme di sicurezza. I Consorzi di bonifica non possono trasformarsi in enti di vigilanza sulla fruizione delle ciclovie che costeggiano i corsi d’acqua. In più l’attuale legislazione territoriale afferente ai percorsi ciclabili prevede in molti casi, anche per quelli lungo i canali di bonifica, specifiche infrastrutture per la sicurezza dei ciclisti in termini sia di materiali sia dei paramenti superficiali delle piste, sia di protezioni anticaduta laterali che limitano la compatibilità con l’attività di gestione idrogeologica del territorio.
  • responsabilità civile e penale in caso di incidente e di infortunio: Uno dei problemi più grandi e controversi è quello della responsabilità civile e penale in caso di un eventuale incidente lungo il percorso ciclopedonale. Permane, infatti, una casistica controversa riguardo il quadro giuridico delle relative responsabilità dei soggetti realizzatori e gestori delle piste in caso di caduta accidentale in acqua dei ciclisti o di altri tipi di infortuni o incidenti deputabili alle caratteristiche morfologiche e fisiche dell’area che costeggia il percorso, o alla promiscuità di transito di altri mezzi e veicoli come quelli deputati agli interventi di manutenzione idrogeologica consortile.

(Pontecuti, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

Esempi virtuosi

Pur nella difformità delle situazioni, si riscontrano esempi virtuosi, in cui si è saputo conciliare l’aspetto della gestione delle acque dal punto di vista della tutela idro geologica e dell’attività agricola con l’aspetto turistico, in particolare legato all’uso della bicicletta lungo le sponde di fiumi e canali, attraverso la conservazione dell’infrastruttura idraulica in quanto bene ambientale e architettonico, nella doppia valenza di manufatto ingegneristico e di “forma” antica del paesaggio italiano.

Segue un elenco parziale dei percorsi ciclabili già realizzati o in via di realizzazione (ben vengano segnalazioni):

Documento Fiab

Il testo precedente è estratto dal documento FIAB “Alcuni indirizzi per una legge nazionale sul recupero a fini ciclabili delle vie d’acqua”-  il pdf integrale

Ciclovie in treno+bici

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Extra

Piano Generale della Mobilità Ciclistica

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(impianto di captazione a Ponte Galeria, dalla collezione fotosferica Mappatevere360 )

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